Sono circa le 14.00 di un caldissimo pomeriggio di giugno.
Il 29 giugno 2022.
Mancano dieci giorni al presunto termine della mia gravidanza, ancora qualche giorno e finalmente conoscerò la mia bambina… Diana.
Mi fermo un attimo dopo una mattinata no stop, metto in pausa corpo e mente e in quel momento mi ricordo che da qualche ora non sento i soliti movimenti della mia bimba scatenata…ma è tutto ok, quando sei indaffarata fai mano caso ai movimenti fetali. Dicono.
I minuti passano e quella strana tranquillità nella mia pancia mi porta a pensare che ci sia qualcosa che non va…ho del gelato in freezer, negli ultimi giorni con quello si è sempre scatenata. Provo a mangiarlo.
Nemmeno quello porta alla reazione sperata. Penso “non le piacerà il Fior Di Fragola…” con un po’ di ansia che inizia a prendere il posto di un sarcasmo spiccio…
Paziento ancora un po’, penso che sia una giornata in cui vuole stare tranquilla, ma col passare del tempo la mancanza di quei movimenti aumenta la mia paura.
Decido di voler andare in ospedale, fosse anche a vuoto, ma devo andarci!
Guido da sola fino lì, rifiuto un passaggio da mia sorella, l’ospedale poi è vicino, mi visitano al volo, torno a casa tra un’oretta al massimo…
Quando arrivo mi accolgono in due, dopo aver spiegato al citofono il motivo per cui sono lì, scusandomi perché forse sono solo una “quasi” mamma paranoica.
Mi fanno accomodare per visitarmi e penso che di sicuro “per dispetto” Diana ricomincerà proprio in quel momento a farsi sentire, ma l’unica cosa che riesco a sentire in quella frazione di secondo è la Dottoresssa dire: “E’ venuta qui da sola? … io non sento più il cuore.”
E’ stato in quell’istante che si è fermato anche il mio. Non so se abbiamo mai ripreso, ad oggi, il suo naturale battito…
In quel momento si è installato un meccanismo di “autodifesa” in cui il mio corpo è rimasto paralizzato, i rumori si sono fatti lontani, non capivo cosa fosse vero e cosa no. Posso giurare di aver sentito la mia anima distaccarsene, seguendo quello che stava succedendo da spettatrice.
Credo sia stato l’unico modo per sopravvivere a una tale tortura, alle ore successive, ai giorni seguenti che si facevano via via più soffocanti mentre cominciavo a realizzare quello che è realmente accaduto.
Ho spesso desiderato di sparire, di raggiungere quella bambina che mi è stata tolta in quella maniera così disumana, brutale, crudele.
Cosa ho fatto per meritare un destino del genere? Cosa ho sbagliato, perché non l’ho protetta, forse non avrei dovuto alzarmi quella mattina, non avrei dovuto fare tremila cose, sono una madre di merda, ho fallito anche nell’unica cosa in cui mi ero promessa di essere una persona migliore.
Mi sono fatta (continuo a farmi) milioni di domande che non trovano risposta, ho dovuto cercare un modo per andare avanti, un solo motivo che potesse farmi trovare una ragione per alzarmi dal letto, per reagire a un destino infame.
Trovo la forza in mio marito, nelle nostre famiglie, negli amici più cari che hanno fatto di tutto per regalarci un sorriso nel buio, quando vuoi solo farti seppellire affianco a tua figlia… Ci ha aiutato aver avuto la possibilità di evadere un po’ di stare lontani da casa nostra, come se poi si potesse scappare da certi dolori…
Fondamentale è stata ed è per me la terapia, da sola non avrei potuto farcela ad affrontare ed attraversare questo lutto.
Ci hanno aiutato le testimonianze di altri genitori “speciali” come noi, che sono più di quanti ci si immagini prima che ti tocchi da vicino una simile crudeltà.
Ci dobbiamo spesso aiutare con le sole nostre forze. Gli altri possono solo immaginare, qualcuno non riesce nemmeno…
Solo noi possiamo realmente capire cosa ci è successo, quello che dobbiamo sopportare ogni giorno.
Il lutto perinatale è uno Tsunami maledetto, provi a nuotare, a risalire, quando pensi di essere quasi in superficie, ti ributta sott’acqua. Ma tu in questa tempesta sei costretto a nuotare.
A 38 settimane il cuore di Diana si è fermato, ma il tempo e la mia vita sono – in qualche modo – andati avanti. Ed io devo fare lo stesso, continuando a (soprav)vivere…
La tua assenza è presenza costante in ogni mio respiro, in ogni mia cellula, in ogni battito del mio cuore, ma mi sono convinta che i bimbi come te, Diana, sono piccole meteore, scie di stelle che sfiorano la Terra…poi devono tornare nel loro mondo migliore, un mondo di gioia e di pace, di cieli stellati, zucchero filato, di felicità, di musica e arcobaleni.
Meritate un posto migliore di questo.
“Somewhere over the rainbow
Bluebirds fly
And the dreams that you dream of
Dreams really do come true-ooh-ooh
Someday I’ll wish upon a star
Wake up where the clouds are far behind me
Where trouble melts like lemon drops
High above the chimney tops that’s where
You’ll find me”
La tua – comunque – Mamma.